Di seguito una breve indicazione su quello che potrebbero essere le prime cinque azioni di un neo animatore digitale.
- PUBBLICAZIONE. Occorre rendere pubblico nel proprio istituto il PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE, il che significa non solo e non tanto caricarne una versione pdf nel sito della scuola, quanto avviare una seria riflessione sul merito. Il documento è corposo ma la sostanza non è complessa. L’Animatore Digitale (AD) dovrà quindi promuovere uno o più incontri nei quali dibattere i pro e i contro del documento. Questo non significa divenirne “apostoli acritici”, ma divulgatori scientifici, pronti ad illustrarne i dettagli e a criticarne, se necessario, gli approcci. Questa fase potrebbe essere svolta tra dicembre 2015 e gennaio 2016 mediante incontri in presenza o form/questionari cartacei e/o online.
- RICOGNIZIONE. Il secondo passo necessario è fare una ricognizione puntuale di tutte le “buone pratiche” (digitali e non) che nel proprio istituto vengono già attuate, magari da anni, senza la giusta visibilità. L’AD non deve infatti promuovere la novità (digitale o non) a tutti i costi, ma rendere pubbliche pratiche efficaci che non sempre sono all’attenzione dell’intero collegio dei docenti. Tale ricognizione deve tradursi in un documento ufficiale che sia a disposizione di docenti, alunni e famiglie. Far uscire “allo scoperto” attività spesso “clandestine” è un buon modo di comunicare l’impegno, spesso sommerso, che da tanti anni molti docenti già mettono in campo, a dispetto di una vulgata volgare ed errata che vede negli insegnanti italiani una categoria conservatrice ed ostile al cambiamento. Tale ricognizione dovrebbe tenere presenti anche i risultati dei recenti RAV (rapporto di autovalutazione) che ogni scuola ha redatto e pubblicato. Tale fase potrebbe essere svolta a febbraio 2016.
- ANALISI DEI BISOGNI e PEDAGOGIE. Dopo la ricognizione è opportuno capire di cosa abbia bisogno l’istituto. Qui non esistono soluzioni standard, magari promosse e/o vendute da agenzie del settore, ma approcci ritagliati sui bisogni e sulle richieste del corpo docente. In tale fase l’AD dovrebbe capire, grazie alla ricognizione e al rav, i punti di forza e debolezza della didattica del proprio istituto (didattica digitale e non). Occorre capire, e questo è l’aspetto tra tutti più importante, cosa si vuol fare di innovativo (con le tecnolgie ma non solo) nei prossimi tre anni. Dopo aver chiarito questo sarà molto più agevole capire quale tecnologia sia più adatta allo scopo. Ma mai anteporre le tecnologie alle strategie (possibilmente di lungo corso) che si ha in mente di perseguire. Un esempio potrebbe essere lavorare sulle competenze (ambito di per sè vastissimo), ad esempio potenziando a livello trasversale la didattica per problemi (problem solving o problem posing). In tal senso non si vuole sminuire l’approccio al digitale che il PNSD richiede ma limitarne l’enfasi e le eccessive speranze potenzialmente malriposte. Non è un caso che tra le 8 competenze chiave di cittadinanza la “cultura digitale” sia solo una e nemmeno la prima. Si potrebbe svolgere questa fase a marzo 2016.
- INTERVENTI AD HOC. Chiarite le “pedagogie” che si vogliono perseguire e i mezzi idonei a farlo, l’AD dovrà progettare gli interventi di formazione. Sarebbe opportuno, anche per una questione di economie di scala, lavorare per interventi trasversali, almeno in una fase iniziale (ad esempio interventi su “problem solving” o “valutazione autentica”) e poi calarli, in una ipotetica fase 2, nei singoli ambiti disciplinari. Tale fase di formazione potrebbe essere svolta nei mesi di aprile/maggio 2016.
- VALUTAZIONE e AUTOVALUTAZIONE. Al termine dell’anno scolastico l’AD potrà già elaborare alcune preliminari conclusioni sui primi interventi ed approcci da lui coordinati. Ad esempio potrà esprimersi sul grado di partecipazione dei propri colleghi in seno alla fase di RICOGNIZIONE e alla fase di INTERVENTO, mediante la compilazione di rubric ah hoc. Allo stesso modo, per deontologia professionale e per trasparenza, è bene che chieda ai colleghi un giudizio sul suo operato, anche per poter eliminare, per i mesi a venire (non dimentichiamo che l’AD è in carica 3 anni), eventuali criticità motivate da inesperienza e complessità dell’incarico. Questa fase potrebbe essere svolta nel mese di giugno 2016.
Note a margine
- COMPENSO. Come si può notare, le precedenti riflessioni non hanno toccato l’annoso problema del compenso dell’AD, e questo volontariamente; è indubbio che si tratti di un argomento assolutamente primario e meritorio della massima attenzione, tuttavia ognuno, nei modi e nei tempi a lui più congeniali, saprà affrontare questo aspetto e saprà declinare l’incarico nel caso in cui non fosse previsto una giusta retribuzione.
- ENFASI DIGITALE. Nei precedenti punti non si è mai volutamente messo al centro il tema del digitale in quanto tale. Certo, non possiamo negare che, almeno a livello istituzionale, la figura dell’AD si va ad inserire in un contesto di didattica “digitale”, ma siamo convinti, per deontologia, formazione, storia passata e forse anche un minimo di buon senso, che le “tecnologie digitali” non siano che un mezzo e guai quindi a trattarle come un fine. Finiremmo nella “gadgetizzazione” della scuola, rischio che, a leggere il PNSD con ingenua semplicità e relative discussioni nei social, stanno correndo molti docenti e molti dirigenti, convinti (più o meno consapevolmente) che da soli i “mezzi” possano diventare “fini” e “aggiornare” una didattica che deve essere innovata nelle sue metodologie e pedagogie, prima che nei suoi strumenti. Questo non significa che chi scrive ignari il fatto che lo “strumento” non sia più (specie per i giovani) un semplice oggetto, ma un “modo di vedere” il mondo, le relazioni e la propria formazione; ritenere la “rete”, e gli strumenti che vi si connettono, dei semplici elettrodomestici (al pari di una lavatrice e di un forno!) è sbagliato oltre che pericoloso, specie da parte di noi docenti. Tuttavia riteniamo (magari ancora “novecentescamente”!) che il focus non sia nel device che si adopera ma nel fine didattico e nella pedagogia che si vuole attuare. A tal proposito aggiungo che non si tratta di essere, in questo ambito, “filogovernativi”, “apocalittici”, “integrati” (ma c’è ancora qualcuno “non integrato”?) o persino “gufi”, si tratta di essere intelligenti e di non farsi illudere da una certa pomposa ed entusiasta comunicazione governativa che, sinceramente, poco ci tange. Insomma, vale ancora (sebbene non sia stato diffuso via twitter) un vecchio detto di un “ignoto” di Amsterdam: non ridere, non lugere, neque detestari, sed intelligere.
Emiliano Onori – DesignDidattico
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