Continuiamo la serie di criticità del PNSD trattando un tema che molto ha a che fare con la trasparenza, tema trattato in questo contributo (clicca qui). “Accountability” non ha un esatto corrispettivo in italiano, tuttavia si può rendere in modo efficace come il dovere, specie da parte della pubblica amministrazione, di “rendere conto”. Accanto a questa declinazione “amministrativa”, il campo semantico del termine inglese ne prevede anche un altro: il principio di trasparenza. Deduciamo quindi che la parola ha sia una sfumatura pragmatica ed amministrativa, sia una coloritura etica, che la rendono concetto chiave di ogni azione nella quale siano coinvolti fondi pubblici.
Cosa ha a che vedere l’ accountability col PNSD? Molto, e possiamo spiegarlo in breve. Numerose scuole (Snodi formativi e non) hanno di recente organizzato una massiccia azione di formazione per i docenti, reperendo formatori, allestendo laboratori e calendarizzando incontri. Tale azione ha scontentato però molti corsisti e formatori (tuttavia, ad onor del vero, credo e spero che molti di più siano rimasti soddisfatti dalle azioni messe in campo da PNSD e dalle scuole); i motivi del malcontento in alcuni casi risiedono in specifiche responsabilità del Miur (ad esempio la “fretta”, già affrontata in questo contributo), in altri casi invece dipendono dalle scuole che hanno organizzato le azioni di formazione. Ecco un florilegio di criticità:
- Formatori poco idonei (magari perchè ostinatamente reperiti all’interno del proprio organico)
- Formatori estranei al mondo scuola (in taluni casi, non tutti, questa estraneità è deleteria)
- Date inopportune per la formazione o assolutamente incompatibili con le esigenze scolastiche (maggio-giugno)
- Materiali scadenti e/o ricliclati da altri formatori (è stato per altro il mio caso, certi”colleghi” formatori hanno ritenuto opportuno tenere corsi sulle Google Apps proiettando i miei video tutorial)
- Numero di corsisti eccessivo (non si può pretendere di fare laboratori in 40)
- Numero di partecipanti minimo (si sono verificati corsi da 3 o 4 partecipanti, con evidente spreco di denaro pubblico)
- Eccessivo ricorso alla lezione frontale (paradossale se si vuole superare la lezione frontale medesima)
- Scarsa, intempestiva o nulla comunicazione da parte delle scuole polo ai corsisti
- Discrepanza tra titolo del corso ed effettivi argomenti trattati
Potremmo continuare a lungo ma il senso è chiaro. Ecco, la domanda ora è ovvia: chi “risponde” di tutto questo? Se un corsista, ma anche un formatore (perchè spesso lo scontento è nei e dei formatori) non ha modo di valutare l’operato (ottimo o pessimo) di una scuola, avrà senza dubbio frustrazione ma, cosa massimamente grave, è assai probabile che quella scuola, rivelatasi incapace di progettare percorsi di formazione, persisterà nell’errore, a detrimento evidente di risorse pubbliche. Gli errori cui faccio riferimento possono determinarsi non tanto per malizia ma per semplice incapacità, che non è tuttavia meno dannosa. Non si tratta ovviamente di “valutare e(è) punire”, si tratta però quanto meno di sollevare da certi delicati incarichi persone che si siano rivelate incapaci di gestire un determinato processo.
A tal proposito, dunque, ribadisco l’urgente necessità di un SISTEMA DI VALUTAZIONE non sono dei formatori (come espresso in questo contributo) ma anche dei soggetti che organizzano la formazione. In ballo ci sono investimenti molto importanti (e di questo occorre rendere merito al Miur e al PNSD) ma proprio per questo serve un sistema capace di non disperdere risorse e ingenerare frustrazione.
Emiliano Onori
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